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Frankenstein

Written by on May 25, 2011

Pop Corn a tutti!

 Parliamo del Dr. Frankenstein di Mary Shelley e ciò che gli è venuto in mente quando ha deciso di dar vita alla sua creatura. Ho deciso di parlare di questo film perché purtroppo l’anno scorso, poco prima di Natale, io e la mia famiglia abbiamo subìto una grandissima perdita (la nostra amatissima cugina di 22 anni); da allora nella mente di tutti noi suoi cari non si fa che pensare a questa giovanissima anima che se n’è andata lasciando una vita ancora non vissuta. E non pare per nulla vero che se ne sia andata per sempre, tutt’altro, probabilmente perché non si vuole accettare la sua scomparsa.

Questo è anche il tema di Frankenstein che di fronte alla perdita della madre e in seguito della fidanzata non vuole per nessun motivo accettare la morte e, anzi, sfidarla.

Una sorta di sfida mortale (in quanto semplice essere umano) al destino o a Dio stesso. Il suo scopo lo renderà cieco di fronte alla mostruosità creata dal suo genio e lo porterà alla pazzia.

Ciò che a mio parere è interessante di questa storia è innanzitutto l’ambizione che la morte insinua nel personaggio di trovare un metodo per rendere la vita eterna; e poi il sentimento di totale negazione della morte in quanto non appartenente alla vita.

La morte è ciò che ci accomuna più di qualsiasi altra cosa assieme alla nascita, fa parta di un ciclo e, per ora, sappiamo solo che ne rappresenta la fine. Non accettarla significa non accettare la vita e non accettare la vita significa negare la propria esistenza e cominciare a navigare nelle acque della follia.

Quando perdiamo un nostro caro vorremmo già il giorno dopo rivederlo; dobbiamo fare i conti con la sua assenza, coi ricordi e con la quotidianità che viene spezzata.

Ma ogni cosa ha un inizio e una fine, una strada, una giornata, una risata, un sogno, la vita stessa. Siamo in grado di accettare gli inconvenienti che la vita ci presenta anche all’improvviso reagendo e lottando, ma di fronte alla morte è come se alzassimo le mani quasi consapevoli che essa rappresenta un confine sottile con un regno a noi totalmente sconosciuto.

Il dott Frankenstein non ha però alzato le mani e non si è arreso, ha accettato le conseguenze fisiche della morte ma non il fatto che questa portasse via l’anima della persona amata.

E’ stato segno di eccessivo amore? Eccessiva sofferenza? O debolezza?

Ogni giorno i medici vestono un po’ i panni del dr. Frankenstein. Per etica morale sono obbligati a salvare la vita anche in condizioni estreme in cui la morte sarebbe l’unico sollievo alla sofferenza causata da determinate patologie. E anche molte famiglie di fronte ad una spina non riescono a far andare via il loro caro se pur in vita in condizioni vegetative.

E’ difficile stabilire un confine netto entro cui agire, è difficile stabilire cosa sia vita o cosa non lo sia. Oggi però Frankenstein farebbe di sicuro di tutto pur di salvare i suoi pazienti.

Di battaglie contro la morte ne abbiamo vinte tante, ma la guerra è sempre e naturalmente vinta da lei…naturalmente perché la morte fa parte di noi, della nostra storia, è nel nostro codice genetico; …è antipatica, ci porta via coloro a cui vogliamo bene ma in fin dei conti nessuno potrà mai dire di non averla conosciuta e chissà mai che sia veramente colei che ci accompagnerà un giorno a riabbracciare tutti i nostri cari defunti compresa la nostra bellissima e amatissima cuginetta…Ciao Monica.

 

 Curiosità: Nella parte di Enrico Clerval, amico del dr. Frankenstein troviamo il nostro amico Tom Hulce protagonista di Amadeus …la parrucca sembra la stessa 😉


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